Il maestro indiano BODHGAYA (India) - In India lo chiamano "maitri", che vuol dire maestro, un maestro che è nato a Zero Branco 60 anni fa, ha insegnato in una scuola elementare, poi nel 1994 è partito per l’India con l’idea di una nuova scuola in testa, il "Progetto Alice" (www.progettoalice.org), un progetto diventato realtà: 4 scuole, 30 insegnanti, 25 studenti residenti, 600 alunni. Valentino Giacomin ha vissuto per molti anni a Villorba, è stato anche direttore della tv Antenna Tre, ma un giorno si è fermato: "Capii che era meglio che mi dedicassi completamente all’educazione se volevo dare un senso alla mia vita e partii per l’India". Arrivò a Varanasi con i soldi della sua pensione e gli aiuti degli amici, come Luigina De Biasi, un’insegnante di Miane che insieme a Valentino è l’anima del "Progetto Alice". Il progetto continuò a crescere grazie agli aiuti internazionali e le adozioni a distanza. "Oggi molti aiuti arrivano soprattutto dalla gente semplice della provincia di Treviso, da paesi come Miane e S. Pietro di Feletto. Abbiamo molti amici anche in Friuli. I nostri studenti della scuola media sono in corrispondenza con i loro coetanei della scuola di Sacile, che ci ha sostenuto anche economicamente. Altri gruppi di sostegno si trovano a Firenze, dove con Luigina abbiamo tenuto diverse conferenze e insegnato in seminari di aggiornamento per docenti e genitori". Ma il senso di precarietà rimane: ogni mese c’è bisogno di 5000 euro per mandare avanti l’intera struttura e non si sa mai se la scuola domani sarà ancora lì. Otto anni fa dei funzionari irresponsabili demolirono una scuola che Valentino aveva appena costruito: arrivarono le ruspe e buttarono giù tutto. Fu uno dei momenti più drammatici della sua vita. Pensò di mollare tutto e di tornare in Italia". Invece rimase in India e in Italia è tornato tre anni fa per schierarsi dalla parte di Gentilini: "Non perché ne condividessi le idee, ma perché temevo la tracotanza della maggioranza. Quella presa di posizione cambiò i miei rapporti con Treviso: un gruppo yoga per punirmi decise di sospendere l’adozione di uno studente, un funzionario della Provincia mi inviò una mail offensiva. Alra musica da Padova invece: l’assessorato alla Cultura ha deciso di finanziare un centro di accoglienza per bambini chakma, una minoranza religiosa perseguitata in Bangladesh". Storie di sofferenza, come quella accaduta poche settimane fa: "Tra le nostre attività c’è anche l’impegno a favore dei ragazzi del riformatorio di Varanasi. Due mesi fa liberarono un ragazzo, ci aspettava ai cancelli con poco meno di un euro in tasca e alcuni stracci in un sacchettino di plastica. Era tutto quello che aveva. Lo portammo alla nostra scuola e poi cercammo di metterci in contatto con la famiglia, ma senza successo. Da diversi anni il ragazzo non aveva notizie dei suoi genitori. Decidemmo di andare, in taxi, direttamente al suo villaggio. Un lunghissimo viaggio che si concluse tra le baracche di una poverissima zona della periferia di una città‚ del Bihar. ‘Ecco la mia casa!’ gridò eccitato. La nostra missione sembrava felicemente conclusa. Invece era l’inizio di un dramma: quando il ragazzo entrò nella sua casa, trovò degli estranei: Chi sei? Che cosa vuoi?, gli chiesero. La sua famiglia si era trasferita a sua insaputa. Non riesco a cancellare dalla mente la disperazione del ragazzo e il suo pianto sconsolato". A chi gli chiede che cosa ci sia di vero nel mito occidentale dell’India come luogo ideale di spiritualità, Valentino risponde: "Puoi trovare dio con più facilità all’ombra del campanile della buona gente di Miane o di Villorba". Ma il suo campanile oggi si chiama Bodhgaya in Bihar, lo stato più povero dell’India. Vive in una piccola stanza all’interno della scuola. Si alza verso le 5, pratica meditazione per circa due ore, poi lavora ai suoi racconti e ai saggi della collana didattico-pedagogica di "Progetto Alice": una quindicina di libri in inglese, spagnolo e italiano. Niente vacanze ma alcuni giorni speciali: dopo tanti anni di problemi e ostacoli, lo Stato indiano ha accolto la domanda del "Progetto Alice" per gestire un’Università. Mario Anton Orefice (luglio 2004) |